Ricostruzione della cancelleria angioina

Il 30 settembre del 1943 una squadra di guastatori dell’esercito tedesco in ritirata appiccava il fuoco al deposito antiaereo dell’Archivio di Stato di Napoli ubicato a San Paolo Belsito presso Nola e in quel rogo andò perduta tutta la documentazione più antica dell’Istituto.
Il fondo più importante e meglio noto del Diplomatico era quello della cancelleria angioina, dove era conservato ciò che era rimasto dell’antico Archivio della r. zecca, tradizionalmente articolato in tre serie distinte, i Registri, i Fascicoli e le Arche, a loro volta ripartite in Arche in pergamena e Arche in carta bambagina. Esso conteneva non solo gli atti amministrativi, ma anche quelli politici del regno dal 1265 al 1435, constava di una serie principale di 378 registri di cancelleria, più 4 volumi composti dai frammenti fatti rilegare da Capasso, i così detti «Registri angioini nuovi», per un totale di 382 unità, delle quali 379 in pergamena e 3 in carta, di 42 volumi cartacei nei quali erano stati rilegati i fascicoli superstiti (più alcuni frammenti conservati a parte in 12 buste) e 69 volumi di atti originali rilegati, 49 in pergamena e 20 in carta, che costituivano le due serie delle Arche. Si è calcolato che i documenti tràditi prima che andassero perduti nel rogo di San Paolo Belsito fossero più di cinquecentomila. Queste stesse serie fin dal secolo XVI erano state tra le più studiate tra quelle napoletane: Filangieri calcolò, sulla base dei registri della Sala di studio dell’Archivio, che nei primi quarant’anni del secolo XX ben trecentocinquanta studiosi avevano lavorato su questo materiale, una cifra enorme, se pensiamo al limitato numero di domande di studio di quegli anni. Furono questi dati a indurre il sovrintendente a concepire l’ardito disegno di una ricostruzione dell’archivio della cancelleria angioina.
Nel 1943 Jole Mazzoleni dirigeva la Sezione politico-diplomatica dell’Archivio, la più duramente colpita dalle offese belliche, praticamente privata di tutto il diplomatico, e perciò trasformata in un ufficio di ricostruzione. La ricerca sulla scorta della tradizione indiretta, manoscritta e bibliografica, di documenti tratti dall’Archivio della r. zecca fu coordinata e realizzata da lei in prima persona, insieme con i suoi più diretti collaboratori, funzionari di quella Sezione. Si costituì così il primo gruppo di studiosi che attese fin dal 1944 al lavoro sui repertori degli antichi archivari e poi sulle trascrizioni degli archivisti napoletani, le copie legali tratte dai registri perduti, la tradizione manoscritta indiretta antica (erudita, ecclesiastica, gentilizia e comunale), sparsa negli archivi e nelle biblioteche d’Europa, e quella più recente costituita dagli archivi personali di studiosi dei secoli XIX e XX, le pergamene originali spedite dall’antica cancelleria e conservate negli archivi dei destinatari di provvedimenti regi, l’immensa letteratura sul periodo, oltre, ovviamente, gli svariati codici diplomatici editi e, non da ultimo, l’ingente patrimonio di fotografie, microfilm e trascrizioni, raccolto a Napoli, grazie all’appello del Filangieri, rivolto agli studiosi, allora ancora in vita o morti da poco, che avevano lavorato sulle carte d’età angioina nei primi quarant’anni del secolo. Queste sono le principali direttive del lavoro del Filangieri e della Mazzoleni, che con ininterrotta continuità di metodo continua ancor oggi, e che ha consentito di acquisire un’immensa congerie di trascrizioni, fotografie o semplici notizie di atti perduti delle tre serie che costituivano un tempo l’archivio della cancelleria, e ora custodite sulla scorta delle segnature archivistiche originarie. Ricostruire l’Archivio della r. zecca non era sufficiente e Filangieri pensò bene di avviare l’edizione della serie principale di esso, quella, per l’appunto, dei registri.
L’iniziativa fu subito sostenuta dall’Accademia Pontaniana: su proposta di Benedetto Croce e Fausto Nicolini nella tornata del 10 febbraio 1949 fu deciso, per acclamazione, di varare una collana di «Testi e documenti di storia napoletana», in cui pubblicare i registri ricostruiti. Nel 1950 apparve così, per le cure dello stesso Filangieri, il primo volume de I registri della cancelleria angioina ricostruiti da Riccardo Filangieri con la collaborazione degli archivisti napoletani, relativo agli anni 1265-1269, nel quale vennero ricostruiti i primi sette registri della cancelleria di Carlo I. Il criterio di edizione fissato è noto: poiché le unità archivistiche perse nel 1943 erano una congerie di quaderni e carte volanti malamente rilegata nei secoli XVI e XVIII da archivari inesperti, che non seppero rispettare l’ordinamento originario, né la cronologia dei registri prodotti dalla cancelleria medievale, col solo fine di preservare la documentazione da ulteriori perdite, essi vengono oggi ricostruiti non come erano in Archivio al momento della distruzione, ma come erano stati prodotti nel Medio Evo. Si tratta, per tanto, di una ricostruzione storica, condotta nella più totale mancanza della serie archivistica originaria; gli atti raccolti vengono pubblicati non per numero di registro perduto e di carta, ma per titolo e ciascun titolo per indizione, così come nell’Elenchus de registris del 1284 appaiono i primi 91 registri di Carlo I, sulla base del controllo incrociato degli antichi inventari dei secoli XVI e XVII, dell’Inventario cronologico-sistematico di Bartolommeo Capasso e dei vari repertori superstiti; è ovvio che in presenza di fotografie, che consentono di verificare i caratteri estrinseci originari, le segnature dei quaderni, nonché la cartulazione originaria a numeri romani delle singole carte, il lavoro è estremamente semplificato. Ogni registro, che ha una numerazione progressiva propria a numeri romani, indipendente da quella araba delle unità archivistiche distrutte nel 1943, è introdotto dalla descrizione della tradizione archivistica e dallo schema di ricostruzione; i singoli atti recuperati sono editi con il solo corredo delle fonti utilizzate, mentre è nell’indice analitico, che vengono identificati i luoghi e i personaggi citati nelle fonti. Tra il 1950 e il 2010 in cinquanta volumi pubblicati dall’Accademia pontaniana, ripartiti in cinquantadue tomi, sono stati ricostruiti complessivamente 194 registri, per un arco cronologico che va dal 1265 al 1295.
Con il ritorno della Sezione politico-diplomatica dell’Archivio di Stato di Napoli alle normali attività d’Istituto, già negli anni della Direzione Mazzoleni (1956-1973), l’Ufficio della ricostruzione della cancelleria angioina è diventato una struttura di ricerca comune all’Archivio di Stato di Napoli e all’Accademia Pontaniana, coordinato dal responsabile della collana di «Testi e documenti di storia napoletana», Filangieri prima, al quale subentrò nel 1959 la stessa Mazzoleni e dal 1993 Stefano Palmieri, alla cui attività editoriale attendono principalmente gli allievi più meritevoli della Scuola di paleografia, diplomatica e archivistica dell’Archivio di Stato di Napoli.

La ricostruzione dell’archivio della cancelleria angioina non è solo un’impresa scientifica; essa è il frutto di un’utopia di Filangieri, che tradisce la volontà di rimediare in qualche misura alla bestialità degli uomini con la forza della ragione e la solidarietà intellettuale.

(da S. Palmieri, Degli archivi napolitani. Storia e tradizione, Bologna, il Mulino, 2002, pp. 249 sgg.)

Ricostruzione dell’archivio della Cancelleria angioina